On Medicine

Anno XI, Numero 3 - settembre 2017

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FOCUS

Nuove Linee Guida ISO-SPREAD: forte raccomandazione all’uso di ASA in prevenzione primaria

Redazione On Medicine

Pochi sono gli argomenti più dibattuti in questi anni riguardo alla prevenzione cardiovascolare: l’Acido Acetilsalicilico (ASA) a basse dosi va usato in prevenzione primaria oppure no? In caso di risposta positiva, quali sono i soggetti per i quali è valida questa indicazione?
Il beneficio derivante dall’impiego di ASA nel ridurre mortalità e/o nuovi eventi cardiovascolari maggiori - con un rischio di sanguinamento accettabile - in pazienti con evidenza di pregressa malattia cardiovascolare è ben noto, per questo il farmaco è raccomandato in questo setting.
Al contrario, in prevenzione primaria ASA comporta sì una riduzione statisticamente significativa nel rischio di eventi cardiovascolari, ma aumenta anche il rischio di sanguinamento, sia gastrointestinale ed extracranico in genere, sia, anche se di poco, intracranico (ictus emorragico). Oggi quindi la vera sfida è identificare, nella popolazione generale, un rapporto rischio-beneficio del trattamento in prevenzione primaria tale per cui il vantaggio derivante dall’assunzione del farmaco in assenza di segni e sintomi superi il potenziale rischio di sviluppare effetti indesiderati. Per questo motivo Linee Guida e opinioni di esperti differiscono sostanzialmente tra loro nelle raccomandazioni, perché riflettono l’incertezza della stima di un preciso rapporto rischio-beneficio.
Tuttavia recentemente, e per la prima volta in Europa, gli estensori delle Linee Guida ISO-SPREAD, pubblicando l’ottava edizione del documento, hanno preso posizione su questo tema raccomandando l’impiego di ASA in prevenzione primaria; la decisione è stata presa considerando gli ultimi importanti dati emersi dalle ricerche più recenti sulla molecola, tra le più studiate, che continua a dimostrare grandi potenzialità in campo cardiovascolare e non solo.


ASA e prevenzione primaria in Italia


Lo sviluppo dell’ASA rappresenta uno dei più importanti progressi della Medicina del secolo scorso e negli anni sono stati condotti diversi studi nei setting di prevenzione cerebrovascolare, con lo scopo di preservare non solo la longevità del paziente, ma anche la sua qualità di vita. La vera e propria rivoluzione è stata tuttavia il suo impiego a basso dosaggio, soprattutto in prevenzione secondaria, nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica o malattia cerebrovascolare. Per quanto riguarda il panorama italiano, il Primary Prevention Program (PPP) fu il primo trial effettuato sull’impiego di ASA in prevenzione primaria sul territorio. Condotto all’inizio degli anni 2000, in deroga a una disposizione di legge che allora vietava ai medici del territorio di partecipare in qualità di sperimentatori a ricerche clinico-farmacologiche, il PPP coinvolse i Medici di Medicina Generale per valutare l’effetto di ASA e vitamina E nella prevenzione primaria cardiovascolare in soggetti con almeno un fattore di rischio. Anche se lo studio non può essere considerato esente da critiche metodologiche, i risultati indicarono che la vitamina E non era efficace nella prevenzione dell’ictus (RR 1,24; IC 95% 0,66-2,31), mentre l’ASA riduceva gli eventi cardiovascolari totali (RR 0,77; IC 95% 0,62-0,95) e sembrava inoltre diminuire il rischio totale di ictus, sia pure in modo non significativo (RR 0,67; IC 95% 0,36-1,27).


La metanalisi su più di 100.000 pazienti


Successivamente sono stati condotti altri studi a livello globale per la valutazione del rischio-beneficio dell’ASA nella prevenzione primaria, studi spesso difficili da realizzare, per la possibilità di arruolare persone a basso rischio, per le quali sarebbe stato necessario un tempo non sostenibile per una dimostrazione convincente e statisticamente importante. Una metanalisi del 2011 pubblicata su The American Journal of Medicine ha riassunto i risultati di 8 studi clinici valutando gli effetti dell’ASA a bassa dose sulla mortalità per tutte le cause, la mortalità cardiovascolare, l’infarto miocardico, l’ictus cerebrale ischemico e i sanguinamenti.
In totale la coorte esaminata superava 100.000 pazienti. I risultati hanno evidenziato una riduzione della mortalità per tutte le cause nei pazienti che avevano assunto ASA (RR 0,94; IC 95% 0,88-1,00), così come una diminuzione dell’insorgenza di infarto del miocardio (RR 0,83; IC 95% 0,69-1,00), di ictus ischemico (RR 0,86; IC 95% 0,75-0,98) e di un endpoint composito di tutti e tre insieme i precedenti indicatori (RR 0,88; IC 95% 0,83-0,94). La riduzione della mortalità cardiovascolare tuttavia non risultava statisticamente significativa (RR 0,96; IC 95% 0,84-1,09).
Sul versante del profilo di sicurezza il trattamento aveva aumentato il rischio di ictus emorragico (RR 1,36; IC 95% 1,01-1,82) e quello di sanguinamento maggiore (RR 1,66; IC 95% 1,41-1,95), imponendo, quindi, la necessità di valutare attentamente la stratificazione del rischio in modo da somministrare ASA a basse dosi, in prevenzione primaria, a pazienti in cui il beneficio derivante dall’evitare un infarto o un ictus fosse decisamente superiore al rischio di sviluppare emorragie.
In definitiva, a seconda dei vari criteri o scale o score adottati, l’impiego di ASA a basse dosi in prevenzione primaria risultava sicuramente utile nei soggetti a rischio alto e molto alto; probabilmente non lo era per gli individui a basso rischio cardio e cerebrovascolare (in quanto rischio e beneficio praticamente si equivalgono) mentre nei casi di rischio intermedio – che rappresentano la maggioranza – era raccomandata una valutazione del rapporto rischio-beneficio caso per caso, in base alla storia clinica, familiare, lavorativa, sociale, psicologica ed economica.


ASA e prevenzione oncologica


Negli ultimi anni tuttavia nuove evidenze hanno spostato l’ago della bilancia e, in particolare, grande risalto è stato dato alla prevenzione oncologica che ASA ha dimostrato di saper esercitare. Peter Rothwell e collaboratori hanno approfondito l’osservazione in base alla quale la terapia in prevenzione primaria con ASA a basse dosi riducesse la mortalità per tutte le cause in modo statisticamente significativo, diversamente da quanto avveniva invece per la sola mortalità cardiovascolare, che non raggiungeva la significatività statistica. Ciò che emerse dalle conclusioni del lavoro fu che la maggior parte della riduzione della mortalità per tutte le cause era dovuta a un’importante riduzione della morte per cancro (vedi Figura 1).

Figura 1. Riduzione della mortalità da cancro nello studio di Rothwell et al.


Successivamente sono state effettuate molteplici analisi retrospettive sui dati esistenti, sia di prevenzione primaria sia di prevenzione secondaria, fino ad analizzare 51 studi clinici randomizzati con circa 77.000 pazienti coinvolti.
In quest’analisi la riduzione complessiva del rischio di mortalità per cancro era del 15% nei soggetti trattati con l’ASA a basse dosi rispetto ai controlli. Questo effetto si cominciava a manifestare a partire dal terzo anno di trattamento con effetti sovrapponibili fra il genere maschile e quello femminile. L’effetto più importante sembrava essere a carico dei tumori del colon-retto ma, in generale, altri tipi di tumori solidi, metastatici e linfomi avevano comunque registrato una significativa minore incidenza.
Anche per questo motivo le Linee Guida ISO-SPREAD, nell’edizione di luglio 2017, esprimono chiaramente come, per quanto attiene la prevenzione primaria degli eventi cerebrovascolari, l’uso di ASA 100 mg al giorno per la prevenzione primaria sia raccomandato nei soggetti/pazienti con rischio stimato a 10 anni di eventi superiore al 10%, nei quali il beneficio è ritenuto sufficientemente elevato rispetto al rischio derivante dal trattamento e tenendo anche conto dei possibili benefici addizionali relativi all’effetto protettivo nei confronti dello sviluppo di neoplasie (Figura 2). Oltre a ciò, la terapia con acido acetilsalicilico 100 mg al giorno è indicata in prevenzione primaria nei diabetici con fattori di rischio multipli, in presenza di anticorpi antifosfolipidi e nei pazienti con fibrillazione o flutter atriale non altrimenti trattabili.


Conclusione


L’efficacia di ASA a basso dosaggio in prevenzione secondaria è indubbia, mentre in prevenzione primaria è un argomento maggiormente dibattuto. Le Linee Guida in generale sono favorevoli all’impiego di ASA in prevenzione primaria, soprattutto nel soggetto a rischio cardiovascolare elevato, anche se recenti evidenze relative a un importante effetto protettivo sull’incidenza e mortalità per cancro, anche nel paziente con metastasi, inducono a considerare l’effetto protettivo sulle neoplasie nel momento in cui si valuta il bilancio rischio-beneficio nel singolo paziente cardiovascolare.
In quest’ottica il medico di medicina generale e la medicina del territorio hanno un ruolo fondamentale.
L’ASA a basso dosaggio non smette mai di consentire la produzione di studi che rinnovano l’interesse sull’utilità del suo uso cronico, dimostrando che, nonostante la sua “veneranda età”, rimane una delle molecole più innovative oggi disponibili.



Bibliografia


  • SPREAD VIII Edizione. Ictus cerebrale: linee guida italiane di prevenzione e trattamento. stesura 21 luglio 2016.
  • Zaninelli A. Aspirina in prevenzione primaria per rischio cardio-oncologico nelle nuove linee guida ISO-SPREAD. Coagulum Report. 2016 Dec; 3(8):12-5.