On Medicine

Anno XVII, Numero 4 - dicembre 2023

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INTERVISTA

Intervista a Francesca Napoleone

Redazione On Medicine

Infermiere di ricerca o "study nurse": è una delle varianti dell’attività infermieristica alla quale è possibile accedere dopo aver conseguito un master post laurea di primo livello in ricerca clinica. Ci parla dei peculiari aspetti di questa professione Francesca Napoleone, che del suo lavoro di infermiera di ricerca presso uno dei più importanti ospedali dell’hinterland milanese ha fatto una vera e propria missione.


In che cosa consiste la sua attività professionale?


Lavoro in un reparto di degenza all’interno del quale alcuni letti sono destinati ai pazienti di ricerca, nel mio caso ematologica; non tutti sono ricoverati, dipende dal tipo di terapia che fanno. Alcuni pazienti arrivano la mattina e, una volta terminata la somministrazione del trattamento, a fine giornata vengono dimessi; altri necessitano di un ricovero perché la terapia prescritta è particolarmente complessa o lunga. Noi infermieri di ricerca dedichiamo totalmente la nostra assistenza a loro, quindi gli infermieri del reparto prendono in carico la gestione solamente per un eventuale ricovero notturno.


Come vengono selezionati questi pazienti?


I nostri protocolli di ricerca vengono proposti generalmente a pazienti che non rispondono alle linee di trattamento standard; se sono candidabili e hanno tutti i requisiti previsti, viene quindi proposto di partecipare a uno studio clinico e vengono arruolati. Il nostro è un lavoro di équipe, che è composto da medici, infermieri, data manager, biologi, farmacisti, monitor clinici delle aziende farmaceutiche.


La vostra attività prevede un coordinamento?


Esatto. Il monitor clinico viene in ospedale e organizza una sorta di riunione, detta SIV (site initiation visit) in cui spiega in cosa consiste il protocollo e verifica se tutti i requisiti richiesti dallo studio vengono soddisfatti e che vi siano gli spazi e strumentazioni adeguati per lo svolgimento dello studio. Poi comincia l’arruolamento dei pazienti e si parte con la sperimentazione clinica vera e propria. Per la raccolta dei dati sono presenti i data manager: li inseriscono in una cartella elettronica che poi viene inviata allo sponsor. A scadenze regolari, di solito mensili, ci sono delle visite di monitoraggio per verificare che tutto proceda secondo le linee guida per una buona pratica clinica, allo scopo di garantire prima di tutto la sicurezza del paziente, e poi che tutte le fasi del protocollo siano seguite correttamente.


Quali sono gli aspetti peculiari del suo lavoro rispetto al lavoro ordinario dell'infermiere professionale in corsia?


Noi rappresentiamo il primo punto di contatto per i pazienti che sperano in una possibile guarigione o remissione di malattia e intrecciamo con loro un rapporto di continua assistenza; li contattiamo periodicamente quando tornano a casa per accertarci del loro stato di salute. I pazienti si affidano molto a noi infermieri anche una volta che vengono dimessi, proprio perché se succede qualcosa, se compare qualsiasi disturbo o evento avverso, noi siamo il loro primo punto di riferimento. Quando poi il paziente finisce la terapia sperimentale inizia la fase di follow up, durante la quale rimaniamo in contatto e a scadenze fisse ritornano in ospedale per una rivalutazione. In pratica, teniamo monitorato lo status del paziente dall'inizio del trattamento fino a 2 o 3 anni dopo. Questo ovviamente non succede con i pazienti ordinari ricoverati, in quanto nel momento in cui vengono dimessi, il più delle volte non capita di rincontrarli.


Ma questa empatia da parte dell'infermiere non dovrebbe esserci sempre e comunque, anche se un reparto non è dedicato alla sperimentazione?


Questo è vero, l’empatia è presente in tutti gli infermieri, ma chi lavora in reparto ha molti più pazienti in carico, e spesso questo non consente di dedicare loro tutto il tempo di cui avrebbero bisogno. Noi seguiamo al giorno un numero molto ristretto di pazienti perché abbiamo protocolli di fase 1 che prevedono un rapporto infermiere/paziente di 1 a 1. Questo perché l'infermiere ha un ruolo fondamentale nella ricerca clinica anche se, purtroppo, questa figura professionale a livello istituzionale non è ancora inquadrata; da anni i nostri ordini professionali stanno lavorando a questo scopo, e speriamo che a breve l’infermiere di ricerca possa avere riconosciuto il proprio ruolo a livello formale e legislativo.