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Neurologia

Sempre più concreto il nesso tra Malattia di Parkinson e sistema immunitario


Il Morbo di Parkinson è una patologia degenerativa che colpisce in Italia 300 mila persone. I sintomi principali sono tremore e difficoltà nel movimento provocati dalla morte dei neuroni di specifiche aree del cervello, si presume a causa di una reazione tossica all’alfa-sinucleina, una particolare proteina che si accumula a livello della sostanza nera cerebrale. Questa è la teoria prevalente alla base della patogenesi del Morbo di Parkinson, ma da tempo i ricercatori sospettavano che all’origine della malattia ci fosse una reazione autoimmune. Recentemente, uno studio pubblicato sulla rivista Nature ha dimostrato che la teoria autoimmunitaria possa avere qualche fondamento per spiegare l’eziopatogenesi del Parkinson, in quanto è stato provato che i neuroni presentano sulla loro superficie degli antigeni che li rendono quindi suscettibili agli attacchi del sistema immunitario. A supporto di questa ipotesi si è osservato inoltre che alcune varianti genetiche legate a disfunzioni del sistema immunitario sono legate anche allo sviluppo della patologia.
Il gruppo di ricercatori del Columbia University College of Physicians & Surgeons che ha condotto lo studio, cui hanno partecipato anche alcuni esponenti italiani del CNR, ha analizzato l’espressione degli antigeni cellulari sotto forma di speciali proteine chiamate MHC in campioni di tessuto cerebrale post-mortem donati alla Columbia Brain Bank da donatori sani.
In questo modo essi hanno notato che le proteine MHC-1 erano presenti in due tipi di neuroni, uno dei quali era il neurormone dopamina e si trovava in una regione del cervello chiamata substantia nigra, proprio quella che degenera durante la malattia di Parkinson.

Il passo successivo è stato quello di osservare se i neuroni vivi utilizzano MHC-1 per mostrare gli antigeni. I ricercatori hanno poi condotto esperimenti in vitro con neuroni di topo e umani creati da cellule staminali embrionali. I risultati hanno mostrato che in determinate circostanze, tra cui le condizioni note come manifestazioni di Parkinson, i neuroni usano MHC-1 per rendere visibili gli antigeni. Tra i diversi tipi di neuroni esaminati i due tipi colpiti nella malattia di Parkinson erano molto più reattivi di altri ai segnali che hanno attivato la visualizzazione dell’antigene. I ricercatori hanno poi confermato che le cellule T riconoscono e attaccano i neuroni che espongono gli antigeni specifici.
Il professor David Sulzer, neurobiologo nei Dipartimenti di Psichiatria, Neurologia e Farmacologia presso il Columbia University College of Physicians & Surgeons e principale autore dello studio ha dichiarato: “abbiamo dimostrato che certi neuroni mostrano antigeni e che le cellule T possono riconoscere questi antigeni e uccidere i neuroni. Ma abbiamo ancora bisogno di determinare se è questo che sta realmente accadendo nelle persone. Dobbiamo dimostrare che ci sono alcune cellule T nei pazienti Parkinson che possono attaccare i loro neuroni”.
Continua Sulzer: “Questa è una nuova, e probabilmente dibattuta, idea nella malattia di Parkinson, ma se vera, potrebbe portare a nuovi modi per prevenire la morte neuronale nel Parkinson, simili ai trattamenti per le malattie autoimmuni”.
Diverse cause possono comportare nuovi trattamenti: se l’ipotesi di questi ricercatori fosse confermata, infatti, potrebbe cambiare di molto anche l’approccio terapeutico. Il gruppo della Columbia sta per esempio ora cercando di capire se bloccando la risposta immunitaria si riesca a impedire la progressione del Morbo.







Sulzer D et al. T cells from patients with Parkinson’s disease recognize α-synuclein peptides. Nature. 2017 Jun 29;546(7660):656-661.