On Medicine

Anno XIII, Numero 4 - dicembre 2019

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IL PARERE DELLO SPECIALISTA

Piano Nazionale della Cronicità in Lombardia: a che punto siamo?

Redazione On Medicine

Il parere di Aurelio Sessa, presidente regionale Lombardia della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG)


“Il mondo della cronicità è un’area in progressiva crescita che comporta un notevole impegno di risorse, richiedendo continuità di assistenza per periodi di lunga durata e una forte integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali e necessitando di servizi residenziali e territoriali finora non sufficientemente disegnati e sviluppati nel nostro Paese”.

È questa una delle premesse del Piano Nazionale della Cronicità, il documento di accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano emesso nel 2016 allo scopo di armonizzare a livello nazionale le attività in questo campo allo scopo di approntare un modello razionale ed efficace per la gestione dei pazienti cronici e contribuire al miglioramento della loro tutela.

Il tutto deriva dal fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha invitato tutti i paesi occidentali del “primo mondo”, nei quali la popolazione anziana sta aumentando in maniera esponenziale, a razionalizzare la gestione di questi pazienti allo scopo, tra l’altro, di contenere i costi.

Nella regione Lombardia è in atto l’applicazione della presa in carico della cronicità, che riguarda una parte importante della popolazione: si rivolge infatti il 35% dei suoi abitanti, che sono oltre 10 milioni. In questa regione la gestione dei pazienti cronici assorbe l’80% delle spese sanitarie, e questo dato è destinato a incrementare in funzione dell’aumento della popolazione anziana.

«Il modello di presa in carico della cronicità declinato dalla regione Lombardia – spiega Aurelio Sessa, medico di medicina generale e presidente regionale Lombardia della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) – prevede che il paziente venga inserito in un iter, il cosiddetto percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA), che prevede che venga stilato una sorta di patto di cura tra il medico che aderisce alla presa in carico della cronicità e il proprio paziente per far sì che questi svolga in maniera regolare tutte le indagini relative alla sua patologia cronica. Lo scopo, una volta che il paziente aderisce a questo percorso, è cercare di ridurre le complicanze a lungo termine, soprattutto quelle definite “hard”, che portano all’ospedalizzazione per riacutizzazione di malattia, o addirittura a morte».

Parecchi studi di popolazione e osservazionali hanno dimostrato che se il paziente segue un percorso virtuoso da questo punto di vista, si va a ridurre nel tempo l’incidenza delle complicanze, che molte volte portano a una disabilità cronica; e infatti, questo percorso è rivolto in modo particolare a pazienti portatori di patologie di tipo cardiovascolare, che rappresentano la prima causa di morte e fra le prime cause di disabilità nella popolazione. La regione Lombardia ha identificato 61 patologie croniche, alcune anche rare, tra le quali figurano l’ipertensione, lo scompenso cardiaco, la BPCO, per le quali sono previste delle agevolazioni quali, tra l’altro, l’esenzione dal ticket; il progetto si rivolge anche ai pazienti portatori di patologie croniche degenerative.

«La presa in carico della cronicità in Lombardia è iniziata nel 2018 – continua Sessa - con lo scopo di coinvolgere oltre 3,5 milioni di pazienti che sono stati stratificati in tre livelli in base alla presenza di una o più patologie croniche e di situazioni di complessità e fragilità che prevedono interventi non solo di tipo sanitario, ma anche sociale. I portatori di patologia cronica hanno ricevuto un pieghevole dalla regione che spiega che cos’è la presa in carico della cronicità e che invita a “scegliere” un proprio gestore (“clinical manager”) che può essere il medico di famiglia oppure, se questi non aderisce all’iniziativa, l’ospedale o una struttura accreditata (centro diabete, scompenso, ipertensione…)».

Il piano ha previsto l’adesione volontaria da parte dei medici della regione, che in questo momento partecipano per il 50% circa. È un percorso molto complesso, che per andare a regime ci metterà almeno 5 anni; attualmente, il 10% circa della popolazione è stato coinvolto.

Altre regioni hanno declinato il piano nazionale della cronicità, anche se in diverse modalità (Toscana Emilia Romagna, Liguria, Veneto).

Questo modello di gestione della cronicità, che da un PDTA si arriva a personalizzarlo sul paziente come Piano Assistenziale Individuale, è una delle prerogative del modello lombardo.

E’ un percorso che si basa su buoni principi generali anche se, nel corso dell’applicazione, ha evidenziato alcune criticità che si spera possano essre superate nel tempo.