On Medicine

Anno XII, Numero 1 - marzo 2018

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IL PARERE DELLO SPECIALISTA

Allergie alimentari: il BAT test è utile per definire l’alimento nocivo e la gravità delle reazioni all’allergene

Finelli C

Premessa


Al giorno d’oggi il termine “intolleranza alimentare” è sempre più spesso usato impropriamente, letteralmente abusato. Molti individui sono convinti che i propri disturbi siano legati al consumo di specifici alimenti, considerati dannosi spesso per sentito dire o ritenuti causa di difficoltà nel perdere peso. Per cercare conferma a tali convinzioni – ma anche per altre ragioni - essi spesso ricorrono a test “alternativi”, che promettono d’indentificare, con metodiche diverse da quelle basate su evidenze scientifiche, gli alimenti responsabili di allergie o, appunto, di “intolleranze” alimentari. Questi test sembrano innocui perché nell’immediato non producono particolari danni ma, nel lungo periodo, possono risultare pericolosi. Questo avviene specialmente quando, sulla base di un’errata diagnosi, essi proibiscono l’assunzione di alimenti importanti per la nutrizione umana e di conseguenza espongono al rischio di malnutrizione. Recentemente le più importanti Società di Allergologia, insieme alla Federazione Nazionale dei Medici, si sono opposte all’utilizzo di test che seguono metodiche diverse da quelle basate su evidenze scientifiche per la diagnosi di allergie e intolleranze alimentari. Questo soprattutto perché, contrariamente a quello che richiede la medicina moderna - che utilizza percorsi diagnostici e terapeutici evidence-based - tali test “alternativi” non hanno basi scientifiche dimostrate.

Le reazioni avverse agli alimenti


Ogni reazione fastidiosa e nociva che insorge in seguito all’ingestione d’alimenti può essere inquadrata nel vasto capitolo delle reazioni avverse agli alimenti. Queste reazioni si suddividono in reazioni TOSSICHE e NON TOSSICHE. Le prime sono quelle che si manifestano a causa dell’ingestione di sostanze tossiche che contaminano gli alimenti (metalli, additivi, insetticidi, tossine batteriche, micotossine, ecc.) e si distinguono per essere dose-dipendenti. Le reazioni non tossiche sono invece legate a una ipersensibilità agli alimenti. Esse sono reazioni di solito imprevedibili e colpiscono i soggetti predisposti. Si suddividono a loro volta in: reazioni di tipo allergico e intolleranze alimentari vere e proprie.
La reazione allergica agli alimenti è una risposta del sistema immunitario nei confronti di un alimento o di un suo componente. Essa è conseguente all’ingestione di allergeni contenuti negli alimenti. Nel suo determinismo sono coinvolti meccanismi di tipo immunologico, che causano reazioni legate alla presenza di immunoglobuline IgE. Esistono anche reazioni diversamente mediate, per esempio da anticorpi IgG.
I sintomi di un’allergia alimentare compaiono dopo breve tempo dall’ingestione di un particolare cibo e, dopo un periodo di sensibilizzazione, possono manifestarsi anche per minime quantità dell’alimento assunto. In teoria le allergie alimentari possono manifestarsi con qualsiasi tipologia di alimento, tuttavia i più comuni sono: latte vaccino, uova, arachidi, crostacei, frutta secca e soia.
L’allergia alimentare compare soprattutto nei primissimi anni di vita, è presente prevalentemente nei bambini con età inferiore ai tre anni e con l’avanzare del tempo tende a diminuire. Nei bambini il sesso più coinvolto è quello maschile, mentre tra gli adulti risulta essere quello femminile. Non esistono differenze concernenti la razza.
Nei bambini gli alimenti che causano maggiormente l’allergia alimentare sono: il latte vaccino (2,5%), l’uovo (1,3%), le arachidi (0,8%), la soia (0,4%), il pesce (0,1%) e i crostacei (0,1%).
Gli allergeni alimentari che compaiono come cause caratteristiche negli adulti sono invece i crostacei (2%), le arachidi (0,6%), le noccioline (0,5%) e il pesce (0,4%).
Manifestazioni a patogenesi non immunologica possono verificarsi a seguito dell’assunzione d’alimenti contenenti acido benzoico o acido acetilsalicilico (mirtilli, banane, mele, albicocche, prugne, piselli, patate, ecc.) oppure in cibi caratterizzati da un ricco contenuto di istamina (vino, birra, formaggi fermentati, pomodori, lieviti, insaccati, spinaci, crostacei e pesci).
I sintomi sono, in genere, dose-dipendenti, ma le manifestazioni non sono costanti a ogni somministrazione in quanto dipendono da numerosi cofattori.

Il BAT test


Un nuovo test, eseguito sul sangue e utile a definire con maggiore accuratezza diagnostica l’allergia a un determinato cibo e la gravità di un’eventuale reazione all’allergene, potrebbe presto sostituire o affiancarsi a quelli attualmente utilizzati, di provocazione orale. Il test, la cui efficacia è stata dimostrata in uno studio dal Jaffe Food Allergy Institute del Mount Sinai Hospital, negli Stati Uniti, e pubblicato su Annals of Allergy, Asthma & Immunology, a oggi è approvato solo nella ricerca clinica.
Questo test è chiamato appunto “BAT test” dalle iniziali del nome Basophil Activation Test e dalle cellule del sistema immunitario – i basofili appunto – che sono coinvolte. Presenti nel sangue, queste particolari cellule sembrerebbero in grado di identificare l’allergene alimentare nocivo per l’organismo, ma soprattutto potrebbero aiutare prevedere la gravità di un’eventuale reazione allergica a uno specifico cibo. Questa potenzialità invece non sembra caratteristica dei test alimentari attualmente in uso, ovvero il prick-test cutaneo o il dosaggio delle IgE nel sangue, cioè delle immunoglobuline prodotte dal sistema immunitario. Il rischio aggiuntivo è che questi test di stimolazione possono inoltre essi stessi scatenare un reazione allergica, anche grave. Tali test consistono infatti nella somministrazione separata, sotto supervisione medica, di allergeni specifici la cui (in)tolleranza da parte dell’organismo non può essere controllata a priori.
Al momento il BAT test è in fase di validazione: esso è stato a oggi già sperimentato su un piccolo numero di pazienti (67) di età compresa fra i 12 e i 45 anni, tutti sottoposti dapprima al test sui basofili e poi a quelli di provocazione orale con placebo, arachidi, noci, pesce, crostacei o sesamo. Lo scopo era unico: capire, attraverso una duplice valutazione (in doppio cieco e randomizzata) se il BAT test potesse correlarsi ai risultati ottenuti dai test tradizionali.
I dati forniti dal BAT sembrerebbero sovrapponibili al punteggio di gravità dei test di provocazione orale, ma con qualche vantaggio in più: maggiore rapidità dell’esito finale, maggiore semplicità di esecuzione e procedurale e maggiore sicurezza. Il BAT test fornisce informazioni cruciali sulla potenziale gravità di una reazione allergica scatenata da un alimento, consentendo di discriminare tra soggetti allergici e non senza tuttavia il pericolo di esporre gli individui a possibili reazioni da allergeni inoculati. Questi esiti ridurrebbero la necessità di ricorrere ai test di provocazione orale, almeno per quanto riguarda gli alimenti testati (arachidi, noci, pesce, crostacei e sesamo) e forse anche per altri cibi. Ma per risposte certe bisognerà ancora attendere, poiché il BAT test è approvato al momento solo in contesti di ricerca e non nella pratica clinica.


A cura di
Carmine Finelli
Dipartimento di Medicina Interna e di Urgenza, Ospedale S. Maria della Pietà-ASL Napoli 3 Sud, Nola, Napoli.


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