On Medicine

Anno XI, Numero 3 - settembre 2017

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INTERVISTA

Intervista Dott. Alloesio

Alloesio F

Il dottor Federico Alloesio è un chirurgo specializzato in Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale che esegue nella sua pratica clinica numerosi interventi di FESS e che nel corso della sua carriera ha operato diversi pazienti affetti da rinosinusiti croniche, collaborando anche con il professor Paolo Castelnuovo. In questa intervista, che segue all’articolo realizzato per il numero 2 di On Medicine, il dottor Alloesio ci illustra le peculiarità di questa tecnica chirurgica nata negli anni ’70, che oggi permette di intervenire sulla patologia rinosinusale in maniera meno invasiva e cruenta rispetto alle metodiche in uso negli anni precedenti. Lo ringraziamo per questo prezioso contributo e vi lasciamo alle sue parole.



Dottor Alloesio, come è nata la FESS e in che cosa consiste l’intervento?


L’acronimo FESS significa Functional Endoscopic Sinus Surgery, e fu il medico austriaco Messerklinger, studiando la fisiologia dei seni paranasali e del trasporto mucociliare, a creare le basi per questa innovativa tecnica negli anni ’70. Queste basi sono state poi sviluppate e ampliate da Stammberger, Wigand, Kennedy e, anni dopo, da Paolo Castelnuovo, prima con la scuola di Pavia e poi con quella di Varese.
La FESS, o Chirurgia Endoscopica Rino-Sinusale (CERS) in italiano, è considerata oggi il gold standard per quanto riguarda la tecnica operatoria delle rinosinusiti croniche e consiste nella ricerca e rimozione di tutte quelle anomalie che creano ostruzione degli osti sinusali (i piccoli condotti che collegano i seni paranasali con le fosse nasali) e impediscono una regolare areazione dei seni paranasali e il corretto movimento del muco dall’interno verso l’esterno delle cavità stesse. Lo scopo è trattare le patologie acute e/o croniche ripristinando una buona ventilazione dei seni, migliorando il trasporto muco-ciliare e il trofismo della mucosa del naso e dei seni paranasali. La FESS è un intervento poco invasivo rispetto a quelli che si praticavano sino a 15-20 anni orsono e viene effettuato con l’impiego di endoscopi rigidi di 2,7-4 mm di diametro di cui è possibile variare l’angolazione (0, 15, 30 o 70 gradi a seconda del distretto che si desidera indagare e/o sul quale è necessario intervenire) che sono collegati a una fonte di luce e a una telecamera che trasmette le immagini ingrandite a un monitor ad alta definizione, sul quale l’operatore può controllare ogni movimento dei micro-strumenti impiegati, taglienti e non.


Quando è indicata questa tecnica, qual è il paziente-tipo?


L’intervento di FESS è indicato in tutti i casi di rinosinusite cronica o polipoide, recidivante, per i quali la terapia medica non abbia sortito il risultato desiderato.
In linea teorica qualsiasi soggetto con patologia rinosinusale cronica può essere sottoposto a questo tipo di intervento, che essendo meno invasivo e cruento dei precedenti permette tempi di recupero più brevi e l’impiego della sola anestesia locale (per esempio usando le radiofrequenze per ridurre i turbinati).
Volendo poi fare una distinzione tra pazienti più o meno “idonei” alla FESS possiamo certamente considerare meno “facili” da operare i soggetti in età avanzata e/o con patologie cardiocircolatorie pregresse, ma non perché l’intervento in sé possa aggravare la loro condizione o arrecarvi danno, bensì perché non è sempre facile in anestesia ottenere una valida “ipotensione controllata”. Questa condizione, che consiste nel mantenere la pressione del paziente a livelli molto più bassi del normale durante l’intervento, permette al chirurgo di avere il campo operatorio quasi esangue e di eseguire l’intervento in condizioni più favorevoli e in tempi decisamente più brevi. Bisogna infatti considerare che gli spazi anatomici nei quali ci si muove durante l’intervento sono molto ridotti ed è sufficiente una goccia di sangue sulla lente dell’endoscopio per annullare la visione dell’operatore, che dev’essere perfetta.


Come si struttura l’intervento?


Attraverso il “consenso informato” il soggetto viene istruito su come si svolgerà l’intervento e, in particolare, la fase postoperatoria. A volte i pazienti arrivano spaventati da ciò che hanno sentito raccontare da parenti e amici che hanno subìto l’intervento anni prima o perché sono stati loro stessi già operati con le vecchie metodiche chirurgiche. Con l’intervento di FESS il postoperatorio è reso molto più accettabile dal paziente, che può constatare che il “fastidio” è sopportabile. Il fatto di avere le fosse nasali occupate da garze grasse, morbide spugne, o bende flave che vengono rimosse il giorno seguente all’intervento, senza dolore e con un modesto stillicidio (o a volte senza neppure quello) potendo respirare da subito anche soltanto attraverso una fossa nasale, è una grande soddisfazione per il paziente e per il chirurgo stesso.
Molte volte quando si pratica anche la settoplastica vengono posizionate lastrine in silicone rigido che vengono disposte in modo da mantenere ben distanziate la parete laterale da quella mediale in ogni fossa nasale, questo protegge la mucosa e permette la sua completa guarigione, evitando la formazione di sinechie (aderenze) tra setto nasale e turbinato inferiore. Queste lastrine è bene vengano mantenute in loco per un tempo compreso tra i 7 e i 15 giorni e vengono rimosse molto facilmente, con un minimo fastidio da parte del paziente.
Per quanto riguarda la fase preoperatoria, alcuni giorni prima dell’intervento il paziente deve assumere piccole quantità di cortisone o altro antinfiammatorio non steroideo e un antibiotico (di solito l’associazione acido Clavulanico + amoxicilina) che solitamente viene somministrato anche durante il ricovero.
Gli esami da effettuare sono quelli ematochimici di routine in chirurgia; quindi l’elettrocardiogramma, talvolta la visita cardiologica e la consulenza pneumologica, poi una radiografia del torace in due proiezioni e infine, in ultimo ma solo per citazione ma senz’altro il più importante da eseguire quando si sospetta una rinosinusite o una poliposi naso-sinusale, la Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) del massiccio facciale e dei seni paranasali, in proiezione assiale e coronale senza mezzo di contrasto.
Senza quest’ultima indagine, che viene eseguita prima dell’intervento da non più di 3 anni, non è possibile eseguire la FESS e il chirurgo è penalmente perseguibile nel caso subentrassero complicanze.
La TAC offre infatti la possibilità di vedere ciò che con qualsiasi altro mezzo a disposizione non riusciremmo a valutare: è l’imaging di elezione. Da più di 20 anni ormai la radiografia del cranio e dei seni paranasali viene considerata una tecnica insufficiente per valutare le patologie croniche dei seni paranasali e del naso e la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) può servire laddove ci sia necessità di porre diagnosi differenziale tra due patologie e/o di effettuare particolari valutazioni a carico dei tessuti molli.


Quali sono i rischi e le complicanze e come si gestiscono?


L’approccio endoscopico, pur essendo una tecnica mininvasiva, non è completamente esente da rischi chirurgici. Le complicanze intra-operatorie si possono suddividere in due categorie: maggiori e minori. Al primo gruppo appartengono le fistole rinoliquorali, le meningiti, il danneggiamento del nervo ottico, della carotide interna, l’ascesso o l’emorragia cerebrale, fino al decesso del paziente. Nel secondo gruppo possiamo trovare le sinechie del meato medio, le infezioni postoperatorie, i mucoceli iatrogeni, l’ematoma o enfisema periorbitario e l’epifora.
I rischi di questa chirurgia sono strettamente legati al training che il chirurgo dovrà eseguire su preparati cadaverici: è molto importante conoscere l’anatomia dei distretti sui quali si andrà a operare e quella di tutte le varianti e anomalie che differenziano un paziente dall’altro. Solo dopo aver eseguito molte dissezioni su cadavere e visite rinologiche con l’impiego degli endoscopi e, ancora, medicazioni in pazienti operati insieme a un “primo operatore”, si è in grado di prendere l’endoscopio tra le mani e incominciare un intervento di FESS, naturalmente sempre con il supporto di un chirurgo più esperto. Gli errori compiuti sui preparati anatomici serviranno al chirurgo per non sbagliare quando opererà il paziente vero e proprio, che gli si affida con fiducia. Ogni chirurgo nella propria carriera annovera, purtroppo, un certo numero di insuccessi, che fortunatamente nel mio caso non sono mai appartenuti alle complicanze maggiori e vengono immediatamente rimossi dopo la loro risoluzione.


Ricorda un caso particolarmente emblematico, magari perché caratterizzato da una complicanza particolare e/o perché l’esito è stato particolarmente positivo?


Sì, ricordo il caso di una giovane paziente, studentessa universitaria di giurisprudenza, che non riusciva più a studiare a causa di una cefalalgia ormai ribelle a qualsiasi analgesico. Questa condizione cronica l’aveva portata a decidere di interrompere gli studi.
La operammo il professor Castelnuovo e io, che cominciavo da poco ad approcciarmi alla FESS. La TAC che avevamo effettuato prima di intervenire non aveva mostrato patologie rilevanti (come rinosinusiti croniche o poliposi o altro) ma, come mi fece notare il professor Castelnuovo, si poteva osservare che gli osti dei seni, in particolare i mascellari e i frontali, erano ridotti e ostruiti. Oltre a questo, dallo studio preoperatorio apprezzammo la presenza di altre piccole anomalie, che potemmo risolvere con un intervento minimalista, rispettando il più possibile le strutture del naso.
Circa 20 giorni dopo l’intervento rividi la paziente per effettuare la medicazione e l’indagine endoscopica di routine, e lei mi raccontò con grande piacere che per la prima volta dopo molto tempo non avvertiva più alcuna cefalea. A distanza di alcuni anni la incontrai di nuovo, ormai avvocato, e in quell’occasione mi disse che dall’intervento non aveva mai più’ sofferto di cefalea, se non in rare occasioni e sempre con cause ben note e non di tipo rinogeno. Fu una grande soddisfazione, professionale e personale.


La FESS risolve definitivamente la patologia?


La tecnica di Messerklinger ha limiti ben precisi, non può e non vuole essere assolutamente la soluzione a tutti i problemi infiammatori dei seni paranasali. Scegliamo sempre questa tecnica, che personalmente ritengo la migliore rispetto alle più datate e radicali, ma comunque non è in grado di dare una soluzione definitiva a lungo termine.
L’intervento di FESS, come ogni altro intervento chirurgico, non può considerarsi risolutivo. In molti casi di allergia, asma, mucoviscidosi o poliposi diffusa la FESS può apportare notevoli miglioramenti ma è necessario intervenire anche più volte, essendo le patologie affrontate tendenzialmente recidivanti. Certo, lo scopo del chirurgo è quello di operare una sola volta e liberare per sempre il paziente da quei fastidiosi e a volte invalidanti sintomi; alcune volte l’obiettivo si raggiunge, altre no. Ritengo pertanto importante il continuo aggiornamento e la collaborazione tra ospedali e centri di eccellenza ai quali poter inviare i casi troppo complessi per poter essere affrontati in strutture meno qualificate.


In che modo a suo parere può evolvere questa tecnica?


La Chirurgia endoscopica dei seni paranasali, tecnica di Messerklinger, è relativamente giovane e in continua evoluzione, sia per il miglioramento delle capacità dei chirurghi, in particolare per la manualità acquisita dopo anni e anni di esperienza, sia per le migliorie tecnologiche che vengono apportate costantemente agli strumenti ottici e chirurgici impiegati. Questi ultimi sono infatti la risultante di continui studi che li rendono sempre più sicuri e meno invasivi. Per quanto riguarda il miglioramento della visione degli operatori durante l’intervento, ricordo che il chirurgo può già avvalersi di immagini in 4k e si sta lavorando per poter offrire la tridimensionalità, così da avere un’immagine sempre più precisa e realistica delle strutture e degli spazi entro i quali stiamo operando.
L’atto stesso può non considerarsi completamente definito, essendo il massiccio facciale e il naso strettamente confinanti con strutture nobili quali la fossa cranica media, il nervo ottico e la carotide interna. Lo sviluppo di questa tecnica ci permette oggi di affrontare e trattare chirurgicamente, sotto controllo endoscopico e con traumatismo ridotto, patologie che vanno dalla fistola liquorale al meningoencefalocele e ancora dalla decompressione dell’orbita e del nervo ottico sino alla chirurgia dei tumori del basi-cranio e dell’ipofisi.


Vuole aggiungere qualcosa a suo parere di interessante su questo argomento?


Direi che di cose interessanti su questo argomento se ne potrebbero dire veramente molte. Per quanto mi riguarda credo che forse la FESS abbia portato nell’ambito dell’ORL una delle innovazioni più importanti degli ultimi cinquanta anni. La chirurgia endoscopica ha solo cambiato il modo di praticare l’accesso alle strutture, da esterno a intranasale, e quindi con un minor traumatismo. La chiave del successo di questa tecnica risiede, oltre che nel giusto approccio preoperatorio, in una procedura atraumatica, favorita ancor di più dallo scarso sanguinamento e dalla stretta collaborazione tra chirurgo ORL, radiologo e anestesista.



Intervista con il Dottor Federico Alloesio
Medico Chirurgo, specialista in Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale
ASL- AL Ospedali di Acqui Terme e Casale M.to