On Medicine

Anno XIV, Numero 3 - settembre 2020

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IL PARERE DELLO SPECIALISTA

Ipertensione arteriosa polmonare: dalla teoria alla real life

R. Badagliacca

L’ipertensione arteriosa polmonare (IAP) raggruppa una serie di patologie che condividono le medesime alterazioni anatomo-patologiche osservate nell’ipertensione polmonare primitiva, che nell'attuale classificazione è denominata ipertensione arteriosa polmonare idiopatica. È una grave forma di ipertensione polmonare precapillare, secondaria a una patologia ostruttiva delle arterie di piccolo calibro (100-150 micron). La patogenesi è multifattoriale: sono state riconosciute alcune mutazioni genetiche (BMPR-2, ALK-1) che possono predisporre allo sviluppo della malattia, ma necessitano della compartecipazione di altri fattori (virali, immunitari, tossine) che danno il via a una proliferazione degli elementi endoteliali e miointimali con un profondo rimodellamento dell’arteriola.
La prevalenza di tutte le forme di IAP può essere stimata tra i 18 e i 70 casi per milione di abitanti, mentre l’incidenza è compresa tra i 2 e i 15 casi per milione di abitanti.

Presentazione clinica


L’ipertensione polmonare si associa a sintomi aspecifici che comprendono, in ordine di frequenza, dispnea (inizialmente da sforzo, nelle forme più gravi a riposo), astenia, dolori precordiali e lipotimia/sincope da sforzo. Questo quadro sintomatologico si può associare a segni obiettivi di ingrandimento ventricolare destro (aumento dell’aia cardiaca, itto epigastrico) con insufficienza relativa della tricuspide (rumore olostolico sulla margino-sternale sinistra in IV spazio intercostale) o suggestivi di ipertensione polmonare (aumento di intensità del II tono sul focolaio della polmonare). L’elettrocardiogramma può presentare segni di prevalenza atriale (onda P polmonare) o ventricolare destra.
Nei casi più avanzati si osservano i segni di insufficienza ventricolare destra: edemi declivi; turgore delle giugulari; epatomegalia, versamento pleurico, cianosi periferica e centrale. All'esame obiettivo polmonare non si apprezzano rumori patologici tranne nei casi in cui è presente una pneumopatia: in questa situazione si potranno rilevare i reperti caratteristici della pneumopatia specifica. Spesso si può rivelare la presenza di un versamento pleurico a destra o bilaterale, segno di una grave insufficienza cardiaca destra.
Dal momento che i sintomi sono aspecifici e la malattia è rara, è estremamente difficile arrivare a una diagnosi precoce. Di solito al momento della diagnosi i pazienti sono in III classe funzionale e presentano i segni clinici dell’insufficienza ventricolare destra. In considerazione che la IAP può svilupparsi in pazienti con malattie sistemiche, è possibile una diagnosi precoce della malattia vascolare polmonare in popolazioni con malattie del connettivo in cui la prevalenza di IAP è intorno al 10%. In questa popolazione, l’utilizzo di programmi di screening è giustificato e prevede l’utilizzo dell’ecocardiografia, integrando la stima della pressione polmonare con parametri morfo-funzionali del ventricolo destro (valutazione semi-quantitativa della dilatazione del ventricolo destro, misura del TAPSE).

Diagnosi


La diagnosi di IAP viene posta per esclusione delle altre forme di IP. La storia clinica ha un'importanza rilevante (la presenza di una pneumopatia o cardiopatia nota o di embolia polmonare recente orienta verso altre forme di IP), ma la diagnosi deve essere confermata da un iter diagnostico che prevede l’esecuzione di:
  • prove di funzionalità respiratoria e TC ad alta risoluzione per escludere le forme secondarie a pneumopatia (II gruppo);
  • ecocardiogramma mirato allo studio delle sezioni sinistre per escludere le forme secondarie a patologie del cuore sinistro (III gruppo);
  • scintigrafia polmonare perfusionale o ventilo-perfusoria e angio-TC per escludere le forme secondarie a embolia polmonare (IV gruppo).
Deve infine essere eseguito un esame emodinamico completo da test di vasoreattività che permette di identificare con precisione il tipo di IP (pre- o post-capillare) e di valutare importanti parametri prognostici (indice cardiaco, pressione atriale destra). Una volta giunti alla diagnosi, è necessario eseguire ulteriori esami che permettano di identificare se è una forma di ipertensione arteriosa polmonare idiopatica o associata a:
  • malattie del connettivo (pattern autoanticorpale);
  • infezioni da HIV (test HIV);
  • cardiopatia congenita (ecocardiogramma con contrasto per la valutazione di shunt, ecocardiografia transesofagea per una migliore definizione anatomica del difetto);
  • cirrosi epatica (ecografia epatica, splenica, flussimetria vena porta per rilevare ipertensione portale).
Infine, non bisogna dimenticare di raccogliere un’approfondita anamnesi familiare per escludere una forma di IAP trasmessa su base genetica.

Prognosi


La popolazione affetta da IAP è assai eterogenea, ma la prognosi dei pazienti può essere complessivamente riconducibile alla gravità della compromissione di circolo, alla conseguente disfunzione ventricolare destra e alla gravità delle patologie sistemiche nelle forme “associate”. Dal momento che la diagnosi è spesso tardiva, la prognosi è infausta a breve termine, con una sopravvivenza media a 5 anni di circa il 50-40%, nonostante le terapie specifiche disponibili. La peggiore sopravvivenza si ha nei pazienti con le forme associate a malattie del connettivo, mentre le forme associate a patologie congenite cardiache e ad HIV hanno la migliore sopravvivenza. I pazienti con le forme idiopatiche/ereditarie hanno una sopravvivenza intermedia.
Quanto detto vale per le diverse popolazioni considerate complessivamente, ma all’interno di ogni gruppo è possibile stratificare la prognosi del paziente in relazione alla clinica, alla tolleranza allo sforzo, all’imaging cardiologico, al pattern neuro-ormonale e infine all'emodinamica invasiva. Tale assetto prognostico può essere schematizzato in 3 livelli valutativi, come descritto di seguito.

1. Valutazione dello stato funzionale
La classe NYHA è un importante indice prognostico (i pazienti in classe NYHA I-II hanno una sopravvivenza nettamente migliore dei pazienti in classe III-IV). Anche il test del cammino dei 6 minuti dà importanti informazioni prognostiche: in linea generale, sembra più importante riuscire a ottenere sotto terapia un miglioramento della distanza percorsa oltre una certa soglia (intorno a 400 m), piuttosto che incrementare la stessa di un certo numero di metri; nello specifico, se si vuole far riferimento all’evidenza riportata in letteratura, una distanza percorsa inferiore ai 330 m in condizioni basali e inferiore a 380 m dopo trattamento terapeutico ha dimostrato avere un significato prognostico negativo.
Lo stesso tipo di stratificazione è possibile con il test da sforzo cardiopolmonare. I parametri predittivi di una prognosi infausta sono un consumo di O2 al picco dell’esercizio inferiore a 10,4 ml/kg/min e il mancato incremento della pressione sistolica sistemica al di sopra dei 120 mmHg. Anche l’efficienza respiratoria valutata come VE/VCO2 ha dimostrato di avere un ruolo prognostico, rispecchiando il grado di mismatch ventilazione/perfusione a livello polmonare.

2. Valutazione della compromissione ventricolare destra
I parametri emodinamici più strettamente correlati con la sopravvivenza sono da un lato quelli correlati direttamente o indirettamente alla capacità del ventricolo di garantire una gittata sistolica adeguata, come l’indice cardiaco, la PAP media e la saturazione di O2 del sangue venoso misto, dall’altro quelli correlati all’aumento delle pressioni di riempimento ventricolari, come la pressione atriale destra. Inoltre, anche l’assenza di una risposta vasodilatatoria al test acuto rappresenta un importante fattore prognostico, riflettendo la capacità funzionale residua del circolo polmonare.
I parametri di imaging (ecocardiografici e di RMN) che hanno importanza prognostica sono riconducibili:
  • alle modificazioni morfologiche del ventricolo secondarie all’aumento del post-carico:
    - dimensioni del ventricolo destro (area in proiezione apicale, volumi e massa);
    - indice di eccentricità del ventricolo sinistro (rapporto tra i due diametri in asse corto parasternale); normalmente tale indice è uguale a 1; quando il ventricolo destro ingrandendosi disloca il setto interventricolare verso sinistra, uno dei due diametri si accorcia e il loro rapporto cresce;
  • alle modificazioni morfologiche secondarie all’aumento delle pressioni di riempimento ventricolari destre:
    - presenza di versamento pericardico;
    - dimensioni dell’atrio destro (area e volumi);
    - funzione diastolica ventricolare destra;
  • alle modificazioni funzionali del ventricolo destro secondarie all’afterload mismatch:
    - parametri di funzione sistolica ventricolare destra (frazione d’accorciamento delle aree, frazione d’eiezione, velocità di contrazione, strain, accoppiamento ventricolo-arterioso).

3. Valutazione dei parametri bioumorali
Un aumento dei livelli plasmatici di BNP (brain natriuretic peptide) ha un significato prognostico sfavorevole in quanto riflette un aumento delle pressioni di riempimento ventricolari destre, così come un aumento anche lieve delle troponine, riflettendo uno stato di sofferenza miocardica secondaria all’afterload mismatch.

I parametri appena esposti sono soltanto i principali, e il ruolo di nuovi parametri legati a uno dei 3 livelli di valutazione è in costante crescita da parte della comunità scientifica internazionale.

Trattamento della IAP idiopatica e delle forme associate


La terapia della IAP è rivolta al trattamento dei segni di insufficienza di circolo, al miglioramento dell’emodinamica attraverso una riduzione delle resistenze vascolari polmonari e al trattamento della patologia eventualmente “associata”.
Nel 2015 sono state pubblicate le ultime linee guida ESC/ERS sul trattamento specifico dell’ipertensione arteriosa polmonare.

Terapia standard
La terapia medica è imperniata sul trattamento dei segni dell’insufficienza congestizia e prevede l’uso di diuretici (furosemide, spironolattone) e digitale.
L’impiego dei diuretici ad alte dosi deve essere condotto con stretto controllo degli elettroliti e della funzione renale (possibilità di iponatriemie e di insufficienza prerenale).
L’uso degli ACE-inibitori, ampiamente impiegati nell’insufficienza ventricolare sinistra, è controverso per il rischio di vasodilatazione sistemica e ipotensione, soprattutto nelle forme più gravi, in cui la pressione sistemica è mantenuta da un'intensa attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAA). Per ridurre gli effetti dell’attivazione dell’asse RAA è possibile utilizzare un antialdosteronico (spironolattone, canrenoati).
L’impiego degli anticoagulanti orali è controverso; studi retrospettivi su ampi registri documentano dati discordanti sull’utilità di un trattamento anticoagulante orale nei pazienti con forme di IAP idiopatiche/familiari, mentre concordano sull’inutilità nei pazienti con forme associate a malattie del connettivo.
Per quanto riguarda i calcio-antagonisti, questi possono essere utilizzati solo nei casi con IAP che siano responsivi a un test acuto di vasodilatazione con ossido nitrico per via inalatoria, ovvero i pazienti che presentano una riduzione della pressione media polmonare di almeno 10 mmHg e con il raggiungimento di valori al di sotto dei 40 mmHg. Rientra in questi criteri circa il 5% dei pazienti con IAP idiopatica. I calcio-antagonisti indicati nella terapia a lungo termine sono nifedipina, amlodipina e diltiazem. Le dosi utilizzate nel trattamento della IAP devono, tuttavia, essere più alte di quelle comunemente utilizzate per il trattamento dell’ipertensione arteriosa sistemica (120-240 mg/die per nifedipina, 20 mg per amlodipina, 120-600 mg/die per diltiazem).
L'ossigenoterapia è indicata nei pazienti con ipossia a riposo (PaO2 <60 mmHg o SaO2 <90%), fatta eccezione per i pazienti con cardiopatie congenite, in cui l’indicazione è più restrittiva e personalizzata.

Farmaci specifici per la IAP
La ricerca farmacologica si è sviluppata grazie al progressivo aumento delle conoscenze patogenetiche delle forme di IAP ed è stata indirizzata allo sviluppo di farmaci che tendono a correggere l’alterata funzione endoteliale, considerata centrale nello sviluppo della malattia. I meccanismi patogenetici che sono stati considerati come possibili obiettivi sono:
  • la correzione del deficit di prostaciclina (prostanoidi: epoprostenolo, treprostinil, iloprost);
  • l’antagonismo degli effetti negativi dell’endotelina (antagonisti recettoriali dell’endotelina: bosentan, ambrisentan, macitentan);
  • la correzione del deficit di ossido nitrico (NO) (inibitori della fosfodiesterasi-5: sildenafil, tadalafil; stimolatori della guanilato ciclasi solubile: riociguat).

Strategie terapeutiche nella IAP
Fino a pochi anni fa, la strategia terapeutica nella IAP era di iniziare un singolo farmaco e aggiungerne un secondo in caso di peggioramento clinico. In seguito ad alcuni studi, che hanno mostrato la scarsa efficacia dei prostanoidi iniziati in una fase molto avanzata di malattia (classe funzionale NYHA/WHO IV), è stato proposto un approccio terapeutico basato su obiettivi da raggiungere. Gli obiettivi del trattamento della IAP sono di portare il paziente su un profilo di rischio migliore (potenzialmente basso), valutando molteplici parametri clinico-strumentali e adattando la terapia al singolo paziente. In accordo con le linee guida ESC/ERS, la strategia terapeutica attuale è di iniziare con singolo farmaco o con una combinazione di 2 farmaci insieme, a seconda del profilo di rischio del paziente, e di rivalutare il trattamento dopo 4-6 mesi. Nel caso in cui il paziente non raggiunga gli obiettivi terapeutici predefiniti si aggiunge un secondo o un terzo farmaco.
Lo stretto follow-up dei pazienti affetti da IAP è un punto critico. Infatti, come diversi studi dimostrano, nei pazienti trattati in monoterapia con farmaci orali, dopo un periodo iniziale di miglioramento, si assiste frequentemente a un successivo peggioramento clinico, con la necessità di iniziare una terapia di combinazione orale o parenterale (approccio sequenziale o “add-on”). Alcune combinazioni di farmaci orali nell’approccio sequenziale hanno una maggiore evidenza scientifica rispetto ad altre, anche se non è ancora chiaro quale regime terapeutico sia più vantaggioso per ciascuna tipologia di paziente, in quanto mancano studi di confronto. In particolare, l’aggiunta di riociguat a un inibitore recettoriale dell’endotelina (prevalentemente bosentan) ha dimostrato di migliorare le condizioni cliniche ed emodinamiche dei pazienti, mentre l’aggiunta di macitentan a sildenafil o tadalafil, così come l’aggiunta di selexipag (agonista del recettore delle prostacicline) a un inibitore recettoriale dell’endotelina o a un inibitore della fosfodiesterasi 5, hanno dimostrato di poter migliorare un endpoint combinato di morbi-mortalità a lungo termine. È fondamentale sottolineare come la buona sopravvivenza a lungo termine dei pazienti che iniziano una monoterapia orale è subordinata a un corretto follow-up con periodica valutazione del profilo di rischio del paziente. L’utilizzo dei prostanoidi parenterali (epoprostenolo ev e treprostinil sc) non deve essere ritardato nei pazienti in terapia orale che continuano ad avere un profilo di rischio medio-alto. Infatti, è stato più volte dimostrato come l’inizio di un prostanoide parenterale in ritardo o in condizioni di urgenza, piuttosto che in elezione, influisce negativamente sulla prognosi del paziente. Queste osservazioni sollevano delle riflessioni sull’utilizzo della terapia orale in Centri non esperti che potrebbe ritardare l'uso appropriato e tempestivo dei prostanoidi.
Nelle ultime linee guida ESC/ERS viene evidenziato come in pazienti in classe funzionale NYHA/WHO II/III sia preferibile iniziare direttamente una terapia di combinazione con due farmaci orali qualora il profilo di rischio sia basso o intermedio (approccio “upfront”). La maggiore evidenza per questo approccio più aggressivo deriva dalla combinazione di ambrisentan 10 mg con tadalafil 40 mg, in quanto ha dimostrato di migliorare l’endpoint combinato di morbi-mortalità a lungo termine.
Per i pazienti in classe IV o III con instabilità emodinamica (indice cardiaco e pressione atriale destra) l’unico approccio consigliato consiste in una terapia combinata “upfront” che preveda l’utilizzo di prostanoidi parenterali in combinazione con 1-2 farmaci orali.
È importante sottolineare che nella IAP i prostanoidi parenterali rappresentano i farmaci più potenti attualmente a disposizione, anche se il loro utilizzo nella pratica clinica è a volte limitato dagli effetti collaterali sistemici e dalla complessa gestione legata ai sistemi di infusione.
Un bridge all’utilizzo dei prostanoidi parenterali può essere rappresentato dalla somministrazione inalatoria di iloprost, un analogo stabile della prostaciclina che ha dimostrato la sua efficacia terapeutica nei pazienti con IAP sia in monoterapia sia in combinazione con altri farmaci specifici orali, tra cui bosentan. Iloprost per via inalatoria è somministrato tramite appositi nebulizzatori che sono di più facile gestione rispetto alle pompe portatili per l’infusione continua endovenosa o sottocutanea dei prostanoidi. Il device fornisce alle particelle proprietà fisiche tali da consentire al principio attivo di raggiungere la barriera alveolo-capillare, favorendone gli effetti locali e limitando quelli sistemici. D’altra parte, la breve emivita del farmaco impone la necessità di multiple inalazioni giornaliere (6-9, di circa 3 minuti l’una con i dispositivi di ultima generazione), che possono tuttavia ridurre la compliance del paziente e di conseguenza l’efficacia del trattamento.

Nel corso degli anni, l’evoluzione tecnologica ha portato allo sviluppo di inalatori sempre più performanti: dai nebulizzatori jet siamo passati a quelli a ultrasuoni, per arrivare infine a quelli mesh, di ultima generazione, in cui l’aerosol è generato attraverso la vibrazione di un cristallo piezoelettrico indotta da elettricità. Ciò ha reso i dispositivi per inalazione più piccoli e silenziosi, migliorando la compliance dei pazienti.

Terapie interventistiche e chirurgiche
Nei casi di IAP refrattari alla terapia medica si può tentare in casi selezionati una settostomia atriale con palloncino nel corso di una procedura di cateterismo cardiaco. Questo trattamento palliativo ha lo scopo di ridurre il sovraccarico delle sezioni destre e di consentire un adeguato ritorno venoso a livello delle sezioni sinistre. L’intervento viene effettuato con la tecnica del cateterismo trans-settale utilizzando palloni da valvuloplastica di grandezza crescente, cercando di ottenere uno shunt destro-sinistro senza desaturazioni eccessive (si cerca di mantenere una saturazione arteriosa intorno al 90%). Si ottiene una riduzione significativa delle pressioni atriali destre e un aumento della portata sistemica tale da controbilanciare la desaturazione con conseguente aumento del trasporto di O2 in periferia.
In tutte le forme di IP grave il trapianto polmonare rappresenta l’ultima opzione quando la terapia medica non è efficace. In considerazione dei lunghi periodi di attesa, è importante mettere precocemente i pazienti in lista, soprattutto nel caso abbiano iniziato terapia con prostanoidi parenterali (epoprostenolo o treprostinil). L’intervento viene solitamente eseguito come trapianto singolo nei soggetti più anziani e come trapianto bilaterale sequenziale nei soggetti più giovani. L’intervento risulta efficace in termini di miglioramento emodinamico immediato e a lungo termine e di prestazioni funzionali.
Il trapianto cuore-polmone è indicato solo nelle forme di IP con cardiopatie congenite quando il difetto cardiaco non sia correggibile nel corso dell’intervento.


A cura di
Roberto Badagliacca
I Cattedra di Cardiologia
Sapienza Università di Roma


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