On Medicine

Anno XV, Numero 3 - settembre 2021

coverImage

INTERVISTA

Intervista a Diego Alberto Lucchi

Redazione On Medicine

L’epidemia da virus SARS-CoV-2 Covid-19 ha coinvolto tutte le figure professionali del settore sanitario, compresi i veterinari per animali da compagnia. Abbiamo raccolto l’esperienza di uno di questi, il dottor Diego Alberto Lucchi (Albo di Milano n. 3545) di Vigevano, che ci ha parlato delle conseguenze passate e attuali della pandemia sulla sua attività e sul rapporto con i proprietari dei suoi pazienti.


Che impatto ha avuto la situazione epidemiologica conseguente all’epidemia da Coronavirus sulla sua pratica professionale quotidiana?


Avendo impostato le visite e in genere tutta la mia attività su appuntamento da molto tempo, non è cambiata molto la gestione della mia attività; ho avuto un calo di lavoro durante il lockdown totale perché le regole imponevano di accettare solo casi urgenti, quindi tutto quello che era differibile ho dovuto rimandarlo successivamente, a lockdown terminato.


Quanto hanno influito sul suo lavoro i periodi di chiusura delle regioni?


Alcuni clienti hanno preferito rimandare spontaneamente alcune prestazioni programmate, soprattutto quando la regione era rossa o venivano da altre regioni confinanti; in realtà molti non erano informati del fatto che portare in visita un animale domestico rientrava nei motivi di salute da scrivere sulla autocertificazione e potevano tranquillamente circolare.


Ha ricevuto domande dai suoi clienti relativamente all’epidemia?


Sì, qualche volta mi chiedevano un parere. Per quanto riguarda la possibile fonte del virus, ovviamente ho dovuto dare risposte vaghe, anche perché tutt’ora non è certa la sua origine. Per le domande sulla gestione sanitaria o sull’efficacia dei vaccini mi sono rigorosamente attenuto a quanto avevo trovato pubblicato sul sito del ministero della Salute e su quello dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale (IZS); ho preferito non dare opinioni personali, anche se per alcuni punti erano lievemente diverse. Naturalmente, come veterinario ho subito rassicurato sulla non evidenza di trasmissione del virus dalle specie domestiche all’uomo, informando i clienti su quanto appreso da fonti quali WHO (World Health Organization, Organizzazione Mondiale della Sanità) o IZS.


Che ruolo ha avuto la telemedicina durante il lockdown? L’ha adottata per i clienti che segue?


Solo come follow up, come già facevo in tempi normali. Ma se non ero certo che le informazioni erano complete, chiedevo di visitare l’animale di persona.


Che modifiche strutturali/organizzative ha dovuto adottare in ambulatorio?


Ho applicato tutte le precauzioni suggerite dalla regione Lombardia e dalla FNOVI (Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani) per la mia attività, di cui sono titolare unico, riorganizzando gli spazi della sala d’attesa per ridurre i posti a sedere, esponendo cartelli in cui veniva indicata la capienza massima per ogni locale, mettendo a disposizione gel disinfettante e raccomandando l’uso corretto della mascherina, anche mediante cartelli affissi della struttura. Se qualcuno non indossava la mascherina perché “dimenticata” fornivo (e fornisco tutt’ora) una mascherina chirurgica.


Quali cambiamenti conseguenti all’epidemia considera positivi e manterrà nella sua pratica clinica quotidiana?


Sicuramente le visite su appuntamento, o le visite urgenti previo contatto telefonico. Quando avevo applicato questo tipo di gestione avevo notato che generava disagio in alcune persone; adesso è diventata una norma, e spero che rimanga tale.