On Medicine

Anno XV, Numero 4 - dicembre 2021

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INTERVISTA

Intervista a Luca F. Morandi

Redazione On Medicine

La facoltà di Medicina è spesso vista come un “punto di arrivo”; una volta iniziata, la strada sembra essere univoca: laurearsi, abilitarsi e specializzarsi. Non sempre è così: il dottor Luca Francesco Morandi ci racconta la sua esperienza alternativa alla medicina pratica, da redattore scientifico.


Dottor Morandi, che cosa ha influito maggiormente nella scelta di non specializzarsi?


Direi la mia empatia; alla conclusione del mio percorso di laurea, con la frequenza dei vari reparti ospedalieri che ho svolto in alcuni dei maggiori ospedali di Milano, ho sentito che la strada della medicina non fosse giusta per me, come il vedere e avere che fare tutti i giorni con la sofferenza mi avrebbe portato a soffrire e, in breve tempo, al burn-out.


Come ha scoperto il suo attuale lavoro?


Completamente da solo; nel corso di laurea non sono mai stati nominati altri sbocchi professionali al di fuori della pratica medica vera e propria. Aspettando l’esame di abilitazione ho incominciato a tenere gli occhi aperti e, dopo un’esperienza da cameriere terminata abbastanza male, sono approdato all’editoria scientifica; in particolare, all’inizio ho fatto uno stage presso una casa editrice accreditata per la creazione e formazione di corsi ECM. Finita quest’esperienza lavorativa, durante la quale sono anche riuscito ad abilitarmi, mi sono continuato a guardare intorno e, dopo qualche collaborazione non troppo impegnativa, sono approdato al mio primo lavoro di redattore scientifico.


Cosa vuol dire fare il redattore scientifico?


Per me vuol dire fondere alcune delle mie passioni: la scienza, la lettura e la scrittura. Scienza in quanto adoro il progresso, le nuove scoperte, il muoversi verso un futuro sempre migliore. Lettura e scrittura perché l’informazione è imprescindibile in questo lavoro, PubMed diventa il sito più visitato e il tuo migliore amico. In pratica, perché non credo sia un argomento così conosciuto, il redattore scientifico scrive e divulga innovazioni e novità di tipo terapeutico al target dei medici.


Cosa bisogna sapere per fare questo lavoro?


Il “cosa” dipende da numerosi fattori. Imprescindibile è il saper capire uno studio scientifico, conoscere le differenze tra i diversi tipi di studio, sapere identificare e leggere i dati riportati. Saper scrivere in italiano e conoscere bene l’inglese sono altri due requisiti necessari a questo tipo di lavoro. Spesso è necessario parlare e confrontarsi con dei medici o con figure nel campo dell’industria farmaceutica. Oltre a questo, o si possiede o ci si crea un certo occhio critico nella disposizione di informazioni all’interno di una pagina, un minimo di occhio grafico per aiutare a gestire e creare i mezzi. In più, a seconda dell’agenzia per cui si lavora, c’è una necessità a conoscere diverse altre sfaccettature del processo di produzione.


Parlando della situazione attuale, il CoViD-19 ha cambiato il suo lavoro?


Un poco: le agenzie di comunicazione all’inizio si sono dovute adeguare con lo homeworking e da lì alcune, tra cui quella dove lavoro ora, hanno iniziato a garantire lo homeworking come parte della routine di lavoro. Devo dire che questo mi piace molto: ho più tempo per coltivare i miei hobby e le mie passioni, oltre al fatto che risparmio almeno due ore e mezza di mezzi ogni giorno!


Gli hobby di cui parla sono lettura e scrittura che ha già menzionato, o ne ha altri?


Direi in primis la lettura (romanzi, alcuni saggi, fumetti), purtroppo ritengo di avere poco tempo da poter dedicare alla scrittura per cui non scrivo molto. In più, faccio danze ottocentesche con una associazione di Milano, Chaîne de Danses, una attività che, prima di iniziare, non avrei mai detto mi avrebbe potuto attirare! Invece mi sono innamorato delle persone, delle danze e di come sto riuscendo a migliorare sempre più, non credo riuscirei mai a smettere. Durante il lockdown il non poter fare danze è ciò che mi ha fatto soffrire maggiormente.